Aprile 22, 2003: Destaque Internacional, Buenos Aires; Aprile 23, 2003: Libertad Digital, Madrid; Aprile 25, 2003: Il Giornale, Italia (paginas 1-13); Aprile 26, 2003: Diario Las Américas, Miami, USA.
Il silenzio della Chiesa sulle atrocità di Castro
Quanti più giorni passano, tanto più si fa enigmatico, sconcertante e pesante il silenzio della diplomazia vaticana sulle fucilazioni e sulla ondata di condanne ad oppositori nella Cuba comunista. Un silenzio tanto più gravoso quanto è stata clamorosa l'insistenza della Santa Sede sui diritti del popolo iracheno e delle vittime della guerra.
È vero: L'Osservatore Romano ha subito dato notizia delle fucilazioni e degli imprigionamenti a Cuba. Ma è davvero poca cosa, anzi quasi niente se si considera la gravità dei fatti e delle circostanze in cui sono avvenuti, fatti che non solo colpiscono duramente le vittime dirette e i loro familiari, ma anche i 12 milioni di miei fratelli cubani tenuti in schiavitù da più di quarant'anni in quella sventurata isola-carcere.
Questo protratto silenzio vaticano sulle tre fucilazioni e sulle condanne al carcere di 75 dissidenti a Cuba mi costringe a ricordare lo scandaloso episodio, nel marzo scorso, della decorazione del tirano Fidel Castro da parte dell'abadessa dell'Ordine di Santa Brigida, con il suo contorno di baci e abbracci alla sinistra figura di Castro sotto gli occhi della televisione cubana e con la non accidentale presenza del Cardinale Crescenzio Sepe. Una farsa così indecente che persino il cardinal Ortega, arcivescovo dell'Avana, che pure in altre occasioni non s'era certo tirato indietro, stavolta ha categoricamente rifiutato di assistervi.
Ma il silenzio vaticano sulle recenti fucilazioni non può non riportarmi alla mente anche l'episodio dei tre fratelli Garcia Marin di cui ho già parlato in uno dei miei libri. I tre fratelli Garcia Maria cercarono nel dicembre 1980 asilo nella Nunziatura dell'Avana, ma ne furono tratti a forza da agenti della polizia politica cubana discesi da un'automobile della stessa Nunziatura vestiti di panni sacerdotali. Dopo di che i tre furono fucilati.
L'attuale silenzio vaticano mi ricorda altresì i "Viva Cristo Re!" e "Abbasso il comunismo!" che sentivo gridare da tanti ragazzi cattolici nella prigione di La Cabana (dove anch'io sono stato imprigionato per più di vent'anni) nel momento in cui li portavano davanti al triste muro dove avrebbero affidato la loro anime a Dio sotto le scariche del plotone d'esecuzione. Martiri della fede, per i quali gli esponenti più rappresentativi dell'esilio cubano hanno sollecitato l'inizio di un meritato processo di beatificazione con lettera consegnata alla Segreteria di Stato vaticana il 14 ottobre del 1999, supplica che da allora rimane senza risposta.
E infine non posso tacere che il silenzio della diplomazia vaticana sul dramma di Cuba in un momento come questo e nelle attuali circostanze non può che contribuire oggettivamente ad aumentare il peggiore e più contraddittorio dei caos che minaccino di impadronirsi del nostro mondo: il caos mentale.
In quanto cattolico e cubano mi duole enormemente di dover rendere pubbliche queste mie considerazioni; ma lo faccio come ineludibile sfogo di coscienza, e con tutta la dovuta venerazione verso la Catedra di Pietro. Dolore forse anche più grande delle peggiori torture fisiche che ho patito durante i miei 22 anni di carcere, perché la sofferenza spirituale è più profonda della stessa sofferenza fisica.
Post scriptum: Per ragioni di spazio non affronterò in questa occasione il tema del pericolo che rappresenta oggi, nel quadro di un'America Latina quanto mai instabile, la continuità della dittatura castrista. Essa può oggi contare infatti con il sostegno del presidente venezolano Chavez, che ha appena firmato il rinnovo di quel contratto per la fornitura di petrolio che tanto avvantaggia Castro; e con l'amicizia del neo presidente brasiliano Lula da Silva, lo stesso che durante la sua campagna elettorale mi diede del "manigoldo" solo perché avevo dimostrato, documenti alla mano, le sue strettissime relazioni con il sanguinario despota avanero.
Attualmente Lula strizza l'occhio destro al capitale internazionale, attirandolo e anestetizzandolo con la promessa di elevati interessi bancari; e strizza l'occhio sinistro a elementi brasiliani procastristi che a poco a poco vanno occupando sempre più spazio nel suo governo, come il Movimento dei Senza Terra, i seguaci della "teologia della liberazione" e la loro eminenza grigia, il Ministro della Presidenza, José Dirceu, un ex guerrigliero allenatosi a Cuba.
Ma non posso, per finire, fare a meno di accennare alla tiepida e vergognosa risoluzione sul regime castrista recentemente approvata nella Commissione dei Diritti Umani dell'Onu su proposta di alcuni governi latinoamericani; risoluzione che ha dimostrato quanto fiacca sia la loro volontà politica di opporsi al dittatore Castro, il cui ambasciatore a Ginevra non ha esitato a impunemente proferire nei loro confronti i più volgari insulti. Benché tale timorosa risoluzione si limitasse a semplicemente esorta L'Avana a permettere l'ingresso di un osservatore, senza condannare assolutamente nulla e nessuno; e ciò nonostante essa ha potuto, il giorno della votazione, il 17 aprile scorso, contare sull'astensione dei rappresentanti del Brasile e dell'Argentina, che in quel giovedì santo si sono comportati come dei novelli Pilato. Dimentichi che ben 23 religiosi cubani costretti da anni all'esilio avessero (come ha documentato l'Agenzia Cattolica d'Informazione Aci in un suo dispaccio del 10 aprile) dolorosamente ammonito che "ogni silenzio sulle sofferenze di Cuba è complicità".
ARMANDO VALLADARES
Scrittore, ex prigioniero politico a Cuba per 22 anni, ambasciatore degli Stati Uniti alla Commissione Onu dei diritti umani all'epoca della presidenza Reagan e Bush. Autore del libro di memorie "Contro ogni speranza", bestseller in tutto il mondo. Info9224@yahoo.com